sabato 5 dicembre 2009

nobidai!


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venerdì 27 novembre 2009

MANTENGA DISTANCIA


Love me or leave me or let me be lonely




martedì 21 aprile 2009

Einstürzende Neubauten

Riporto questo testo che circola, aggiungo note per alcune cose che io non condivido
xwx

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo.
So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso.
Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier.
Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera.
Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie.

Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla.
La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto.

Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute.
I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo.

Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani.

E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.
C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?

Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente?
Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.

Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”.

Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica (di potere), alle spalle della comunità.

E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia.

Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa?
A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.

Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni.
La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.

Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.
Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me.
Voglio solo uno Stato (vuoi uno stato? io no grazie, meglio un paese ... no?) efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica (io direi di chi ha il potere) .

Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto.

Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato (ne sei proprio sicuro?) saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.Io non do una lira.

E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno.

Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano (io no, non mi sento italiano!) di avere una casa sicura.
E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro.

Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi.

Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.

Ma io, qui, oggi, (non) mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.

Come la natura quando muove la terra, d’altronde.

Giacomo Di Girolamo

giovedì 26 marzo 2009

DoWN


La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione.
La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio.

martedì 17 marzo 2009

martedì 24 febbraio 2009

La paura in tasca



Non ti si legge in faccia la paura. A vederti in realtà sembri tranquillo. Sembri incosciente.
Quando la sera esci a portare fuori il cane assapori il fresco silenzio delle strade deserte. E ti piace anche.
Non sembri percepire i pericoli nascosti in ogni dove, le malevole intenzioni di chi incontri sul marciapiede di fronte. Fai male.
Torni a casa la cena è pronta, accendi il telegiornale.
E' a quel punto che il tuo viso si trasforma, è in quel momento che prendi coscienza della tua avventatezza.
Siamo tutti in pericolo, giorno dopo giorno minacciati da nemici astuti e nascosti o impudichi e sfrontati.L'ombra, lo sanno tutti, scaturisce sempre da una luce. La luce azzurrastra della televisione produce un'ombra enorme.
Casa per casa, appartamento per appartamento, le ombre escono da ogni televisione e ci si infilano in tasca.Così finisce che la mattina quando sali sull'autobus un'ombra ti è rimasta in tasca dalla sera prima. Il tuo viso si arriccia, le mani si rattrappiscono impaurite.Altre volte, per una frenata brusca dell'autista, capita che l'ombra ti scivoli di tasca. Rientra liquida nella borsetta della vecchia accanto e tu ti guardi intorno con il viso più disteso, scopri i visi arricciati degli altri e ti stupisci di quanto tutti siano diffidenti, di quanto l'autobus sia così pieno di gente sola.
Altre volte ancora, (e sono momenti rari e preziosi), capita che sullo stesso autobus finiscano due persone a cui è cascata l'ombra di tasca. Chiaccherano, si sorridono, si scambiano magari anche due consigli e due battute sui visi arricciati intorno a loro.Non che le ombre proiettate dagli alberi in autunno siano brutte. Sono malinconiche e necessarie.
Ma le ombre che finiscono nelle nostre tasche ultimamente sono ombre artificiali, chimiche, mortifere.Quando esci di casa controlla sempre che non ti sia rimasta in tasca un'ombra televisiva. controlla che il tuo viso non sia arricciato per colpa delle parole di qualche stregone malevolo, che il babau non ti stia dietro le spalle mentre guardi male un ragazzino senza tasche e senza ombre da portarsi in giro.
Collabora a
paura.anche.no

lunedì 23 febbraio 2009

litaglia sedesta


venerdì 13 febbraio 2009

Le vostre macerie - le nostre barricate


Fonte: isole.ecn.org

Negras tormentas agitan los aires
nubes oscuras nos impiden ver.
Aunque nos espere el dolor y la muerte
contra el enemigo nos llama el deber.

El bien más preciado es la libertad
hay que defenderla con fe y valor.
Alza la bandera revolucionaria
que del triunfo sin cesar nos lleva en pos.

Alza la bandera revolucionaria
que del triunfo sin cesar nos lleva en pos.
En pie el pueblo obrero, a la batalla
hay que derrocar a la reacción.

¡A las barricadas! ¡A las barricadas!
por el triunfo de la Confederación.
¡A las barricadas! ¡A las barricadas!
por el triunfo de la Confederación.

martedì 10 febbraio 2009

Giù le mani !


venerdì 23 gennaio 2009

MILANO SI AMA




martedì 13 gennaio 2009

LA CHIESA TI UCCIDE COLL'ONDA


C.T.

La Bela, l’Amour e l’Umanità
Tri can bastard fioeu de Milan
Cont el C.T su on carett a motor
In gir per i strad a Informà el Mond
Bianch i barbis lungh i cavei
E trop i pensèe per sta lì a cuntai
Vusava nel ciel dentr’al castell
Quel che scriveva sui so cartell
Cuma lè….che podi pù parlà
Un temp quand l’era nonamò un desterà
L’era vun che’l ghe saveva fàa
Condiva i discors ch’eren fàat de niente
Lù l’saveva incantà, incantà la gent
La gent che la và la gent che la ven
Che la teda a traa per un moment
La gent che la voeur minga capì
Che chi chii inscì semm adrèe a morì
Gh’era un tal con un car e tri can
La bella l’umanità e l’amour
Parlava e vosava dentr’al castell
Parlava e vosave di ond in d’el ciel
L’hann trovà
Con i can da fàa pisà
Disen ch’el coeur l’è sciopàa
Ma l’è l’onda che se l’è ciapàa...
Il clero ti uccide con l’onda ti uccide...
TEKA P 2005

lunedì 12 gennaio 2009

sopra la neve sotto la terra

Mte Valestra - ingresso grotta Malavolti